Sunday, November 28, 2010

L'Étranger--Albert Camus

Uno dei libri migliori che abbia letto. Immagino di non aver colto tutte le sfumature (ho letto una copia in francese, ed il mio francese non e' perfetto...) ma, nonstante cio', questo e' uno dei pochi libri che mi hanno lasciato qualcosa negli ultimi anni. E' un libro in apparenza semplice, costruito intorno ad una trama relativamente breve e scarna, ma che fa pensare molto, e che colpisce al ventre quando meno te lo aspetti. Forse queste mie impressioni sono influenzate da una relativa apatia in cui mi trovo ultimamente, ma dubito che questa abbia dettato piu' di un terzo di queste favorevoli impressioni che sto scrivendo. Come al solito riporto qua sotto alcuni degli estratti che mi hanno colpito di piu'.

"Aujourd'hui, maman est morte. Ou peut-être hier, je ne sais pas." (pg.9)

"Le soir, Marie est venue me chercher et m'a demandé si je voulais me marier avec elle. J'ai dit que cela m'était égal et que nous pourrions la faire si elle le voulait. Elle a voulu savoir alors si je l'aimais. J'ai répondu comme je l'avais déja fait une fois, que cela ne signifiait rien mais que sans doute je ne l'aimais pas." (pg.69)

"C'est alors que tout a vacillé. [...] J'ai compris que j'avais détruit l'équilibre du jour, le silence excepionnel d'une plage ou j'avais été heureux. [...] Et c'était comme quatre coups brefs que je frappais sur la porte du malheur." (pg.99)

"J'ai répondu cependant que j'avais un peu perdu l'habitude de m'interroger et qu'il m'était difficil de le reinsegner. Sans doute, j'amais bien maman, mais cela ne voulait rien dire." (pg.102)

"[...] en me demandant si je croyais en Dieu. J'ai repondu que non. Il s'est assis avec indignation. Il m'a dit que c'était impossible, que tous les hommes croyaient en Dieu, même ceux qui se détournaient de son visage." (pg.108)

"J'ai compris alors qu'un homme qui n'aurait vécu qu'un seul jour pourrait sans peine vivre cent ans dans une prison. Il aurait assez de souvenirs pour ne pas s'ennuyer. Dans ce sens, c'était un avantage." (pg.123)

"Mois j'écoutais et j'enntendais qu'on me jugeait intelligent. Mais je ne comprenais pas bien comment les qualités d'un homme ordinaire pouvaient devenir des charges écresantes contre un coupable. [...] Sans doute, je ne pouvais pas m'empêcher de reconnaitre qu'il avait raison. Je ne regrettais pas beaucoup mon acte. Mais tant d'acharnement m'éttonait." (pg.154)

"Il voulait encore me parler de Dieu, mais je me suis avancé vers lui et j'ai tenté de lui expliquer une dernière fois qu'il me restait peu de temps. Je ne voulais pas le perdre avec Dieu." (pg.182)

"Comme si cette grande colère m'avait purgé du mal, vidé d'espoir, devant cette nuit chargée des signes et d'étoiles, je m'ouvrais pour la première fois à la tendre indifference du monde. De l'éprouver si pareil à moi, si fraternel enfin, j'ai senti que j'avais été heureux, et que je l'était encore. Pour que tout soit consommé, pour que je me sente moins seul, il me restait à souhaiter qu'il y ait beaucoup de spectateurs le jour de mon exécution et qu'ils m'accueillent avec des cris de haine." (pg.186)

Saturday, July 24, 2010

Brave new world -- Aldous Huxley

This books is a dystopic novel set in a future society driven by pragmatism and coldness. To be perfectly fair, I must say that I did not find the plot very convincing. The base story is a love story with some evolution and discoveries of the characters. However I found the plot hard to follow because of the numerous significant characters in the story. What I liked the most in this book (and I think that this is its strength) is the description of the features of this future society, where social relations (mostly family ones) are reduced to the minimum, emotional beliefs (including religion) are regarded as dangerous for society, and the happiness of individuals is ensured by the state by a systematic distribution of drugs. Another quite interesting feature of this society is that individuals are created in the lab, and that they are conditioned to fit the job (and the role within society) that they have been assigned before birth. Another way of looking at the (lack of) libero arbitrio. Overall, I personally liked this book a lot: I think it's inevitable for me to compare it to "1984". While 1984 had a powerful story and some important warnings about the future (and dangerous) directions our society might take, "Brave new world" has a less involving plot, but a more accurate investigation of the risks of the evolution of our society. The number of predictions that by now are almost facts is quite amazing, given the fact that this book was published in 1932.

As usual, I am reporting below the passages that I found to be the most interesting ones.



"We also predestine and condition. We decant our babies as socialized human beings, as Alphas or Epsilons, as future sewage workers or future..." He was going to say "future World controllers," but correcting himself, said "future Directors of Hatcheries," instead. (pg.13)

"Stability," said the Controller, "stability. No civilization without social stability. No social stability without individual stability." (pg.42)

"Yes, I know," said Bernard derisively. "'Even Epsilons re useful!' So am I. And I damned well wish I weren't!" Lenina was shocked by his blasphemy. [...] "what would it be like if I could, if I were free--not enslaved by my conditioning." (pg.91)

Bernard looked, and then quickly, with a little shudder, averted his eyes. His conditioning had made him not so much pitiful as profoundly squeamish. The mere suggestion of illness or wounds was to him not only horrifying, but even repulsive and rather disgusting. Like dirt or deformity, or old age. Hastily he changed the subject. (pg.138)

"[...] He's being sent to an island. That's to say, he's being sent to a place where he'll meet the most interesting set of men and women to be found anywhere in the world. All people who, for one reason or another, have got too self-consciously individual to fit into community-life. All the people who aren't satisfied with orthodoxy, who've got independent ideas of their own. Every one, in a word, who's any one. I almost envy you, Mr. Watson." (pg.227)

"[...] Universal happiness keeps the wheels steadily turning; truth and beauty can't." (pg.228)

Saturday, March 06, 2010

Il mondo dei vinti -- Nuto Revelli

Ho appena finito di leggere "Il mondo dei vinti" di Nuto Revelli. Questo e' il primo libro che leggo dell'autore, e devo ammettere che mi e' piaciuto un sacco. Il libro presenta 85 testimonianze raccolte dall'autore negli anni 1970-72 tra persone (anziani a quel tempo) povere nella campagna cuneese. Come annunciato dal titolo, questo libro cerca di fornire un "resoconto" della storia (nel secolo che va approssimativamente dall'unita' d'Italia allo sbarco sulla Luna) vista e raccontanta dai poveri. Dalle persone che nelle pianure, colline, e montagne cuneesi sono stati dei "vinti", nel senso che hanno sempre subito gli eventi storici sulla loro testa, e le difficolta' e le miserie sulla loro pelle. Ogni testimonianza e' raccolta lasciando parlare piu' o meno a ruota libera ogni testimone, magari con solo una o due domande che l'autore pone ricorrentemente ("ci credevate alle masche?", "quanto contava il prete?", "ci crede all'uomo sulla Luna?"). Quello che ne viene fuori e' un quadro di quel secolo di storia completamente diverso da cio' che siamo stati abituati a studiare a scuola. Personalmente ho trovato questo quadro estremamente affascinante: ci si rende conto che quanto la percezione della storia provata dai "vinti" sia lontana dai libri di storia e dalla retorica, semplificata al minimo che molto spesso e' fatto di impressioni e fatti quotidiani. Semplificata e ridotta alla fame ed alla fatica, ai viaggi da emigranti ed alle sofferenze delle guerre, in generale al tentativo basilare di sopravvivere in un'inferno, no matter how, no matter where. Alcune volte in quest'inferno il dolore della carne marchiata a fuoco lascia delle impressioni che sono prettamente personali, ed i commentdi dei personaggi sono non cristallizzati o limitati da una visione (a volte forzatamente bigotta e miope) del(la) "vinto/a". Molto piu' spesso questi racconti sono tasselli che compongono un mosaico che e' testimonianza del fatto che queste vite sono state vissute in primo luogo subendo; rari sono i casi (per esempio la lotta partigiana) in cui i vinti hanno una partecipazione attiva (ed una presa di posizione, molto spesso parziale o minimale) in quelli che solitamente chiamiamo "i fatti storici". Se c'e' una frase che mi viene in mente leggendo questo libro e' quella dei CSI (da "Sogni e sintomi"):

"come un animale che non sa capire
guardo il mondo con occhio lineare
come un animale che sa cos'e' il dolore
guardo il mondo con occhio lineare
come un animale che non puo' capire
guardo il mondo con occhio lineare"

La prefazione (alle interviste) di Nuto Revelli e' molto interessante nel fornire un quadro complessivo del libro, ma io consiglierei di leggerla dopo le interviste (perlomeno questo e' cio' che ho fatto io). Su una nota strettamente personale: vedere il nome di mio nonno ("Eligio Gerbaudo, nato a Centallo, classe 1901, contadino") mi ha fatto provare una certa commozione (anche se la sua testimonianza non compare ne libro). In parte mi ha fatto capire il motivo per cui solitamente faccio il tifo per i vinti (o il disagio interiore che provo a tifare per i vincitori). O piu' egoisticamente il senso di colpa esistenziale che provo nel capire che oggi probabilmente io non sono piu' tra i vinti, e qualcun altro si trova in questa condizione.

Come al solito riporto qui di seguito alcuni dei passaggi che ho segnato a matita nel libro
(ma questa volta sono veramente troppi per segnarli tutti...).

"Li conosco i fascisti che mi hanno fucilato, alcuni li incontro per le strade di Cuneo. Quando li vedo li schivo. Una volta ho incontrato quello che guidava la moto-sidecar, e l'ho insultato. Mi voleva denunciare." (Bartolomeo Garro, pg. 66)

"Io nel 1930 non ho piu' preso la tessera, non mi piaceva essere comandato dagli altri. Eh, i contadini non capivano niente, non dicevano di no, stavano li' zitti." (Paolo Borgetto, contadino, pg. 130)

"Quattro giorni di viaggio, e poi arriviamo a Mauthausen. [...] Poi sono arrivati gli americani a liberarci. [...] Quando ero in montagna, da partigiano, pesavo ottantadue chili. Adesso ne pesavo ventisette, ero uno scheletro, solo pelle e ossa. [...] Ho cominciato a mangiare dieci volte al giorno, poco per volta, se no scoppiavo. Ero come un bamboccio, ero ebete. [...] Venivano gli amici a trovarmi, io li guardavo per ore e ore, in silenzio, senza parlare. Mi sono occorsi due anni perche' mi riprendessi un po'. Mah, non voglio piu' parlarne [...]" (Lorenzo Falco pg. 159)

"Compravamo solo trecce nel Veneto, i cavei del pentu non ci interessavano." (Daniele Mattalia, pg. 253)

"Per chi teneva la gente? In alto, sulle colline dell'alta Langa, tenevano per i partigiani. Qui la gente teneva alla pelle e basta: veniva il tedesco, gli davano quel che chiedeva; veniva il fascista, lo stesso; veniva il partigiano, lo stesso." (Pasquale Roggero, pg. 294)

"Io vivo con la pensione contadina [...]. Io non ho piu' paura di niente, io mangio, io vivo. E la mia idea non la cambio." (Angelo Fantino, pg. 305)

"Eh, 'n Merica se \"un l'\'e fol lu desfolu." (Maria Piemonte in Boeri, pg. 335)

"Eh, a chi deve combattere, al soldato semplice, la guerra non interessa. [...] Noi non ci interessava ammazzare gli austriaci, ma bisognava ammazzarli perche' se vengono avanti ammazzano te." (Giovanni Montanaro, pg. 340)

"L'atteggiamento del clero durante la guerra partigiana? Il clero ci ha subiti, proprio come ci ha subito il mondo contadino. [...] I preti non ci aiutavano [...] avevano una paura folle delle nostre armi. [...] I contadini ci hanno sfamati [...]. Dopo la Liberazione ho vissuto un anno drammatico perche' tutti mi giudicavano una di quelle, tutte le partigiane... erano puttane." (Tersilla Fenoglio Oppedisano pg.406)

"Eh, l'ambiente era difficile. Tutta la provincia di Cuneo era cosi', una provincia di gente chiusa, di individualisti. [...] Il vecchio dice [...] : I giovani dovevano restarsene nascosti in casa, in un buco, come ha fatto mio figlio. Ma que figlio si e' nascosto e si e' salvato proprio e soltanto perche' esistevano i partigiani. Mi spiace dirlo, ma la nostra gente di campagna non ha capito niente." (Carlo Altare, contadino, pg. 410)